Consiglio Ambiente UE: approvata la legge sul ripristino della natura
Consiglio Ambiente UE: approvata la legge sul ripristino della natura
Il Consiglio Ambiente UE ha approvato, lo scorso 17 giugno, la legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) attraverso la votazione a maggioranza qualificata con venti paesi su 27 favorevoli. L’Italia, con Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia hanno votato contro l’approvazione.
Le nuove regole prevedono l’obbligo di ripristinare le condizioni naturali in almeno il 20 per cento della superficie terrestre e marina dei territori dell’Unione entro il 2030 (e il 30 per cento di territori selezionati per arrivare gradualmente alla tutela a tutti gli ecosistemi scelti entro il 2050).
Il piano è diviso in tre fasi:
- Entro il 2030, i Paesi dovranno ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat naturali in pericolo, che sono principalmente boschi, pianure, fiumi, laghi, coste e fondali marittimi;
- Entro il 2040, si alza al 60% la percentuale di ripristino degli ecosistemi;
- Entro il 2050, la percentuale dovrà raggiungere il 90%.
Secondo le nuove regole, gli Stati membri dovranno presentare regolarmente alla Commissione piani nazionali di ripristino che mostrino come intendono raggiungere gli obiettivi. Dovranno inoltre monitorare e riferire sui loro progressi. Invece di presentare piani completi fino al 2050, due anni dopo l’entrata in vigore del regolamento, gli Stati membri presenteranno prima piani di ripristino nazionali che copriranno il periodo fino al giugno 2032, con una panoramica strategica per il periodo successivo al giugno 2032. Entro giugno 2032 gli Stati membri presenteranno piani di ripristino fino al 2042 con una panoramica strategica fino al 2050 ed entro giugno 2042 presenteranno piani fino al 2050. Inoltre il Consiglio ha aggiunto la possibilità per gli Stati membri di prendere in considerazione nei loro piani le specifiche varietà nazionali in termini di requisiti sociali, economici e culturali, caratteristiche regionali e locali e densità di popolazione, compresa la situazione specifica delle regioni ultraperiferiche.
“Serve un Piano nazionale di buon senso nella definizione delle misure attuative, perché non è pensabile ripristinare almeno il 20% delle aree terresti e marittime Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050, senza tener conto di quanto gli agricoltori stiano affrontando per preservare biodiversità e paesaggio da cambiamenti climatici ed erosione, come l’impegno per garantire a tutti cibo sano e di qualità, nonostante la fase di profonda instabilità geopolitica ed economica”. – spiega il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini.
La scelta degli habitat e delle aree da ripristinare fino al 2030 in via prioritaria sono già state selezionate attraverso Natura 2000, la più grande rete mondiale di aree protette che copre il 18% del territorio europeo, il 6% dei mari, più di mille specie tra animali e vegetali e cinquecento tipi di uccelli selvatici.
Le misure prevedono che negli ecosistemi agricoli ci dovranno essere (per una quota di almeno il 10%) campi non coltivati, stagni, ruscelli, filari di alberi ma anche muretti in pietra adatti a ospitare molti animali e insetti ma anche fondamentali nella prevenzione delle frane.
Inoltre la legge sul ripristino della natura imporrebbe ai Paesi di ripristinare almeno 25mila chilometri di fiumi, trasformandoli in fiumi a scorrimento libero eliminando dighe e barriere artificiali, ma anche di garantire che non vi sia alcuna perdita né della superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani, né di copertura arborea urbana, oltre all’impegno a piantare 3 miliardi di nuovi alberi.
Sul tavolo, adesso previsti dalla legge Ue, requisiti e indicatori specifici riguardo lo stoccaggio di carbonio organico nei terreni minerali delle terre coltivate, la definizione della quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità. “Queste e altre questioni – aggiunge Cristiano Fini – andranno affrontate ascoltando gli agricoltori, uno sforzo importante per limitare le ripercussioni anche economiche e amministrative, almeno fino al 2033, quando la Commissione esaminerà gli impatti di questo regolamento”.
Nel frattempo, dal Consiglio Ue Ambiente arriva l’ok all’orientamento generale della direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo che aveva già accolto diverse delle richieste formulate da CIA e che attende ora il passaggio nei Triloghi, con il nuovo Parlamento Ue, per essere ulteriormente migliorato, soprattutto in relazione a norme più stringenti sul consumo. Uno spiraglio, nella Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione.
“E’ così -conclude Fini– che si valorizza il ruolo strategico dell’agricoltura per il benessere degli ecosistemi e a costante salvaguardia dell’ambiente. Il suolo è una risorsa fondamentale per gli agricoltori e le aree interne, base delle produzioni agricole e fonte di reddito per le comunità rurali”.